A differenza delle tecnologie di mitigazione del cambiamento climatico che vengono applicate in modo puntuale, quelle di geoingegneria possono funzionare solo se applicate a livello planetario. Al momento sono stati condotti esperimenti molto localizzati dai risultati piuttosto contrastanti e bisogna considerare che la Terra è un unico ecosistema che tende a compensare eventuali sbilanciamenti (dovuti agli esperimenti che possono a loro volta essere influenzati), cercare di alterare la fittissima rete planetaria di equilibri interconnessi, potrebbe forse risultare molto rischioso.
Alcuni esempi di geoingegneria :
Nella troposfera :
nella troposfera si studia come creare nuvole artificiali che riflettano la luce prima che colpisca le acque sottostanti, nella più alta stratosfera si potrebbe attuare un’altra strategia ispirata anche in questo caso a un fenomeno naturale. Il Centro USA sulla ricerca atmosferica ha studiato come l’eruzione del vulcano Pinatubo abbia influenzato il clima mondiale almeno per un paio d’anni con l’emissione di 20 milioni di tonnellate di anidride solforosa in atmosfera. Da questo fenomeno è nata l’idea di lanciare polveri di solfuri in atmosfera usando razzi o aerei per creare nuvole in grado, secondo le stime, di eliminare l’effetto riscaldante di diverse migliaia di tonnellate di CO2 con un solo chilogrammo di solfuri. Anche in questo caso seguono diverse considerazioni: i moti convettivi dominanti tenderebbero a fare migrare gli aerosol verso i tropici, raffreddandoli, ma a spese delle zone polari, dove proseguirebbe lo scioglimento di ghiacciai e calotta polare. Inoltre, bisognerebbe considerare che la schermatura degli strati sottostanti potrebbe comportare un cambio di direzione delle correnti. Se le correnti in quota dovessero trasportare questi aerosol verso i poli, questi danneggerebbero lo strato di ozono che ci protegge dai raggi ultravioletti e la lenta ricaduta dei solfuri in mare e sui suoli avrebbe conseguenze su foreste, colture e fauna.
Nello spazio:
Avvicinandosi sempre più alla fonte di calore, i geoingegneri immaginano di bloccare parte dei raggi solari lungo il cammino dal sole alla terra mettendo in orbita un gigantesco ombrellone che rifletta altrove o assorba la radiazione incidente impedendole di andare a scaldare la nostra atmosfera. Senza rimanere al buio naturalmente. Basterebbe eliminare appena l’1,7% della radiazione solare che colpisce il nostro pianeta per bloccare l’aumento di temperatura di 2 °C. Il luogo in cui posizionare questo speciale ombrellone è quello che gli astronomi chiamano il punto lagrangiano L1: si trova proprio fra il Sole e la Terra a 1,5 milioni di km dal nostro pianeta e a 148 milioni di km dal Sole. In questo punto le forze gravitazionali prodotte dai due corpi e la forza centripeta orbitale si equilibrano esattamente. In verità, per non sconvolgere il ciclo giorno/notte di tutti gli esseri viventi, si dovrebbe ricorrere a tanti piccoli ombrelli (tra l’altro più facilmente trasportabili). La NASA ne ha già realizzato un prototipo: un disco di appena 60 cm di diametro, dello spessore di 5 micrometri e del peso di circa un grammo. Il vero problema è che bisognerebbe produrne 16 milioni di miliardi, per un peso totale di circa 20 milioni di tonnellate. In altri termini per formare una nuvola di dischi di 3,8 milioni di km2 che complessivamente bloccherebbero circa il 2% della radiazione solare che colpisce la terra, ogni giorno (per vent’anni), dovremmo lanciare un razzo da 100 tonnellate di carico. Secondo la NASA si tratterebbe di una spesa di 130 mila miliardi di dollari, 18.500 $ a testa per ogni abitante del pianeta. Una soluzione alternativa è quella di una gigantesca lente di Fresnel del diametro di 1000 km e dello spessore di pochi millimetri sempre in L1. Una volta studiato come mandare i materiali necessari per costruirla in orbita, si potrebbe deviare nello spazio l’1% dei raggi solari. In questo caso, le spese complessive sarebbero di 20 mila miliardi di dollari. Dall’università di Strathclyde in Gran Bretagna arriva anche la proposta di deviare un asteroide in transito vicino alla terra dalla sua orbita e collocarlo in L1. Secondo i calcoli, la massa dell’asteroide attrarrebbe in quella zona polvere cosmica a sufficienza per schermare significativamente la luce del sole.