Le accuse di Bonafede e Fraccaro. I sospetti: tra lui e Salvini è rimasto qualcosa.
Al termine di un autentico processo politico, imbastito alla presenza dei maggiorenti grillini — dal ministro Spadafora, alla Taverna, a Di Battista — Di Maio aveva rinfacciato ai suoi accusatori di averlo offeso personalmente, con toni violenti ed espressioni ritenute ingiuriose: di fatto, sciolta la riunione, la delegazione 5S al governo non esisteva più. Così, per quanto possa apparire paradossale, l’uomo del «vaffa» ha dovuto interpretare il ruolo dello «stabilizzatore», si è assunto cioè l’onere di placare gli animi nel Movimento e di tranquillizzare — incredibile ma vero — Zingaretti, prima di adottare in pubblico le parole che i dorotei usavano solo nei colloqui riservati: «Non rompete più i c…». Ma Grillo è consapevole che il cessate il fuoco avrà una durata limitata, perché a dividere M5S è un problema culturale che non potrà essere sempre risolto utilizzando categorie pre-politiche: il suo «volemose bene» basterà per un po’ a sedare le tensioni, non a cancellarle. E sarebbe un errore derubricare le divergenze a questioni di governo e di potere, con il blocco «contista» da una parte e la fronda «anti-contiana» dall’altra. Anche se è talmente sensibile la materia, da aver imposto ieri al portavoce del premier di smentire manovre di Conte contro il leader dei grillini
Sorgente: Così Beppe Grillo fermò i ministri nel processo a Di Maio (salvando i Cinque Stelle e il governo)