Di
Paolo Soglia
Ho seguito Luiz Inácio da Silva detto Lula durante il suo primo tentativo di diventare Presidente: era il 1989, prime elezioni libere in Brasile dopo la dittatura.
Ero nella grande piazza Candelaria a Rio de Janeiro per il comizio conclusivo del fronte popolare. Lula fece il discorso come capo del PT assieme ai leader dei partiti alleati della (rissosa) sinistra brasiliana. Come d’obbligo fece un discorso di propaganda, anche vibrante. Ma alla fine rivolgendosi alle decine di migliaia di persone che lo acclamavano con le bandiere rosse disse una cosa molto vera: ” Non guardate noi sul palco che ci mostriamo uniti, la vera unità la state facendo voi, l’unità si costruisce dal basso”.
Lula perse quelle elezioni, le vinse il candidato delle destre e dei latifondisti Collor de Melho.
Ed io ero lì, dall’altra parte del mondo, con l’entusiasmo di assistere al cambiamento della storia e al riscatto del grande gigante sudamericano, alla vittoria della sinistra, e la Storia invece cambiava a 10000 chilometri da me, in Europa: crollava il blocco sovietico e veniva abbattuto il muro di Berlino.
Mi dissi, maliconicamente, che non ero evidentemente tagliato a partecipare ai grandi appuntamenti della storia. Non sarei mai diventato un John Reed per intenderci..
Lula invece la storia l’ha cambiata eccome. Alla fine riuscì a diventare presidente e il PT andò al potere. È vero, il potere corrompe. E il Brasile è uno dei paesi più corrotti del mondo.
Ma nessuno ha cambiato un paese, in meglio, come ha fatto Luiz Inácio “Lula” da Silva. Un paese ricchissimo in cui una elite reazionaria, senza scrupoli, prosperava e gran parte del popolo viveva nella miseria e nella indigenza assoluta.
Da tempo l’elite reazionaria brasiliana ha sferrato il suo contrattacco: un golpe istituzionale ha destituito la Presidente eletta, Dilma. La corruzione imperante, anche nel PT, ha permesso di svolgere una azione a tenaglia: da un lato una giusta reazione anticorruzione, ma dall’altro anche una manovra politica per distruggere Lula e il Pt. Non so se Lula sia corrotto e fino a che punto, ma so che vogliono trascinarlo in prigione in catene, senza aspettare il terzo grado di giudizio, in palese contraddizione con quanto afferma la Costituzione brasiliana. E questo, signori, è un dato politico, non giudiziario.
Lula in catene e guai ai vinti.
Molti ne gioiscono, anche tra i tanti democratici ammalati di giustizialismo, commentatori, opinionisti di sinistra. Perché abbattere Lula significa non solo fare giustizia su un (presunto) corrotto, ma soprattutto dire al popolo, ai popoli: non attentatevi mai a cambiare la storia, non disturbate il regolare andamento del mondo, non provate a mettervi contro quell’1 percento che controlla e possiede metà della ricchezza del mondo schierandovi col rimanente 99%.
Non vi conviene…
Ordem e progresso, ordine e progresso: in ordine e muti i tanti, il progresso per pochi.
(Brasil graffiti.
1989 prima volta in Brasile. Ai tempi pensavo di campare facendo il giornalista fotoreporter: con un fotografo brasiliano, Vitor Nogueira, andammo a fare un servizio sulla più grande favela di Vitoria che sorgeva sopra una enorme discarica di rifiuti. Ogni giorno decine di camion scaricavano di tutto, dai rifiuti urbani a quelli ospedalieri. Migliaia di persone ci abitavano sopra, facevano i “catadores” cercando di sopravvivere sugli scarti della cittá. A un certo punto vedo un bimbo che aveva trovato una bandiera e ci si era avvolto. E scatto.
Ordem e progresso…
Il servizio venne pubblicato su Arancia blu, supplemento del Manifesto:
O LUGAR DE TODA POBREZA)
Sorgente: Paolo Soglia
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