L’Agenzia italiana del farmaco ha autorizzato la sperimentazione su cavie umane volontarie
Sperimentazione di fase 1 sul vaccino anti-Covid prodotto dall‘azienda bio-tecnologica italiana ReiThera. Lo studio, che prevede l’arruolamento di 90 volontari sani e sarà condotto all’Istituto nazionale per le malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e al Centro Ricerche Cliniche Verona, è già stato valutato positivamente dall’Istituto superiore di sanità e ha ottenuto il parere favorevole del Comitato etico dello Spallanzani.
Approfondimento: Terminata la sperimentazione preclinica, si passa a quella clinica.
Regolata sia a livello comunitario che nazionale, si suddivide in quattro fasi:
le prime tre (che coinvolgono un numero crescente di volontari) si svolgono prima della messa in commercio del vaccino mentre la quarta è rappresentata dagli studi post-commercializzazione e coinvolge milioni di persone.
Negli studi di fase 1 il vaccino viene testato su un numero limitato di persone (alcune decine) per valutarne la tollerabilità, intesa come la frequenza e la gravità degli effetti collaterali del vaccino.
Durante gli studi di fase 2, che possono coinvolgere anche centinaia di persone, il potenziale vaccino viene somministrato a dosi diverse e se ne studiano gli effetti, sia in termini di effetti tossici che di immunogenicità, vale a dire la capacità del vaccino di indurre una risposta immunitaria valida.
Negli studi di fase 3, viene fatta una prova di efficacia del vaccino su larga scala, in genere alcune migliaia di volontari soggetti di solito arruolati in più centri di ricerca. Dopo aver verificato che tutti i risultati dei test siano in linea con gli standard richiesti, il produttore procede alla preparazione di un dossier da inviare alle autorità competenti (l’Agenzia italiana del farmaco – Aifa e la European medicines agency – Ema) per richiederne la registrazione e l’autorizzazione alla commercializzazione che può avvenire solo dopo il nulla osta ufficiale delle autorità.
A questo punto si entra negli studi di fase 4 che consistono nel monitoraggio di sicurezza ed effetti secondari del vaccino negli anni e su una popolazione in costante aumento.
Che tipo di vaccino produce Rei Thera?
Un vaccino genetico: La tecnologia usata è quella della vaccinazione genetica, sulla quale questo gruppo di lavoro ha un’esperienza ventennale. Il principio base è sempre lo stesso: una volta somministrato, il vaccino simula il primo contatto con l’agente infettivo evocando una risposta del sistema immunitario simile a quella causata dall’infezione naturale, ma senza causare la malattia. Nel caso dei vaccini genetici, invece di utilizzare un microorganismo inattivato o parte di esso, si usa il gene che codifica per l’antigene del patogeno bersaglio del vaccino. Per SARS-COV-2, parliamo del gene che codifica per la proteina spike, una proteina di superficie che permette l’ingresso del virus nelle cellule. Questo gene, una volta entrato nelle cellule dell’organismo, permette la produzione della proteina spike che a sua volta stimola la risposta immunitaria contro il coronavirus. Per trasferire il gene nelle cellule, il vaccino di ReiThera si affida a un vettore virale: “Si tratta di un altro virus – spiega Colloca – che viene usato come un traghetto per portare il gene che ci interessa nelle cellule, in particolare nelle cellule del muscolo, visto che il vaccino viene somministrato con una iniezione intramuscolare. Il vettore virale usato in questo caso è un adenovirus derivato da primati non umani. Gli adenovirus sono virus molto comuni, alcuni di essi colpiscono l’uomo. Quello da noi utilizzato non è patogeno per l’uomo e noi comunque lo usiamo attenuato, ovvero togliamo i geni che servono alla sua replicazione e li sostituiamo con il gene della proteina spike del coronavirus”. La collaborazione con lo Spallanzani La stessa tecnologia è stata usata per il vaccino contro Ebola e per quello contro RSV e proprio lo sfruttamento di queste conoscenze permette di accelerare i tempi di produzione: “I vettori virali rappresentano una piattaforma – spiega Colloca – cioè il vettore è sempre lo stesso, i metodi di produzione, purificazione, formulazione sono sempre gli stessi, l’unica cosa che cambia è l’inserto, ossia il gene da trasportare. Questo permette di rispondere velocemente e di arrivare alla produzione di milioni di dosi in tempi brevi”.
Controindicazioni a lungo termine
C’è ancora una domanda a cui rispondere, quella sul potenziamento della malattia: si è visto infatti che alcuni vaccini possono far sviluppare in chi si contagia una malattia più grave. “E’ un rischio che si conosce da tempo – conclude Colloca – e che penso si possa attenuare facendo gli studi sui modelli animali, ma senz’altro bisogna tenerne conto”.