“Cade un guaio dopo l’altro sulla testa della Monsanto: dopo la rivelazione che la multinazionale schedava i giornalisti critici sull’utilizzo del glifosato, un dirigente della stessa azienda racconta che il colosso biotech ha stanziato 17 milioni di dollari in un solo anno per influenzare la stampa e avversare le posizioni degli scienziati critici. Le prove, secondo quanto riporta il portale U.S. Right to know, sono state ottenute dagli avvocati che rappresentano vittime del cancro che fanno causa alla Monsanto”.
Murphey: “Noi – abbiamo – abbiamo dovuto spendere una quantità significativa di risorse, nel corso di diversi anni, correggendo la disinformazione e affrontando le domande nel pubblico riguardo al glifosato”.
Sam Murphey, dirigente della Monsanto, definisce ineffabilmente “disinformazione”, la corretta informazione.
Per questi criminali e i giornalisti al loro soldo, ci vorrebbe una nuova Norimberga.
Complimenti comunque alla Bayer per l’incauto acquisto, anche se sospetto che sotto ci siano state trattative alla maniera di Luca Brasi.
Bayer ha annunciato di aver fatto dei progressi verso il raggiungimento di un accordo, al momento verbale, per risolvere dalle 50mila alle 85mila cause per cancro, dovute all’uso del diserbante Roundup di sua produzione. Il totale delle cause intentate a Bayer è di circa 125mila, ereditate a seguito dell’acquisizione della Monsanto nel 2018, costata 63 miliardi di dollari.
L’agenzia giornalistica Bloomberg ha dato la notizia dicendo che gli accordi non sono ancora stati firmati e che Bayer probabilmente annuncerà i patteggiamenti a giugno.
L’ondata di cause, insieme a tre grosse sconfitte giudiziarie, ha fatto crollare le azioni della società, vaporizzando decine di miliardi di dollari.
Quella del patteggiamento non è una bella notizia per i consumatori Usa: Bloomberg ha riferito che gli accordi verbali farebbero parte di un potenziale pacchetto da 10 miliardi di dollari, che includerebbe due miliardi per eventuali casi futuri che potrebbero essere presentati in un secondo tempo.
Articolo completo di Giorgio Bianchi