essere vivi comporta necessariamente il rischio di morire. Tanto per restare con i piedi per terra: in Italia muoiono ogni anno, in media, circa 650.000 persone
Il green pass è stato un punto di non ritorno, perché ha annullato la solidarietà sociale. I lavoratori vaccinati, anziché sentirsi sicuri per il proprio vaccino, chiedono con forza il green pass che li protegga dal contatto con i non vaccinati, gli unici che ancora rischiano veramente la vita. I no-vax, free-vax e no-green pass mettono in atto manifestazioni contro la misura ma anche, indirettamente, contro i loro colleghi: gli uni vogliono lavorare anche senza vaccinazione, gli altri non li vogliono vicino a sé. L’affermazione, sempre ripetuta da entrambe le parti: “La tua libertà finisce dove comincia la mia“, è il frutto della stupidità indotta dalla paura, perché significa in effetti: “quella che tu ritieni sia la tua libertà finisce dove io ritengo che cominci quella che io ritengo sia la mia” ed è ovvio che su queste basi non esiste dialogo possibile
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Il panico, gonfiato da un’informazione morbosa e da una politica interessata, porta la gente non solo ad accettare, ma addirittura a richiedere misure di contenimento straordinarie, imposte con rigore inflessibile: dopo tutto, se la malattia è una colpa, richiede punizioni. Siamo ricaduti in una logica peggio che medievale, perché almeno nel Medioevo l’untore era un nemico ed era sano, oggi è il malato, cioè la vittima stessa della malattia. In questo delirio millenaristico, e a seguito delle strategie di contenimento a gran voce richieste, il tessuto sociale si lacera. Pochi pensatori più attenti ci avevano avvertito per tempo del rischio, Giorgio Agamben e Massimo Cacciari per primi, ma noi li abbiamo derisi. Oggi la lacerazione è in atto e non possiamo fare altro che registrarla.