Alcune varianti sembrano diffondersi più facilmente e rapidamente di altre, come abbiamo visto appunto per la Delta. In questo momento nel mondo, e anche negli Stati Uniti e in Europa, ci sono quattro varianti etichettate come “varianti preoccupanti” (VOC) dal CDC e dall’Organizzazione mondiale della sanità: Alfa (inglese), Beta (sudafricana), Gamma (brasiliana) e Delta (indiana).
Ma oltre a queste, ci sono altri ceppi considerati “varianti di interesse” (VOI), cioè verso le quali gli studiosi stanno particolarmente in guardia per monitorarne lo sviluppo. Secondo l’OMS, le varianti di interesse includono Eta, Iota, Kappa e Lambda.
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In questi giorni si è parlato anche in Italia di variante Iota, soprattuto in seguito alla notizia di uno studio pubblicato su Nature in cui si parla di importante diffusione di questo ceppo negli Usa. Non si tratta di una notizia falsa, ma che va contestualizzata. Esiste infatti uno scarto importante tra ciò che viene riportato in uno studio, che si baserà come ovvio su dati precedenti, e lo sviluppo della pandemia.
Ad oggi la variante Iota, in realtà, è in netta diminuzione negli Stati Uniti. In Italia abbiamo registrato alcuni casi, come a Genova.
Sorgente: Variante Iota, cosa sappiamo davvero: sintomi, diffusione e pericolosità